Un anno in 2 ore

26 novembre 2016. Dopo una notte trascorsa in un letto circondata da medici e infermieri che tentavano di tenermi immobile a causa di continue convulsioni arrivò l’esito del liquor che confermò la meningite. Nel frattempo una sovrainfezione causò la polmonite e quando i medici presero la decisione di intubarmi ormai non rispondevo più ed entrai in coma.

Mia madre era confusa, agitata. Le dissero:”Signora ha capito che stiamo parlando di meningite? Gli organi potrebbero non resistere più di 2 ore“.

Il resto l’ho già raccontato in un altro post. Dopo 10 giorni di coma il mio corpo ha risposto che non era ancora ora di lasciare tutto.

Così posso dire che quelle 2 ore stimate in cui avrei potuto lasciare questo mondo ad oggi si sono trasformate in un anno.

Un anno particolare.

In cui ho nuovamente passato mesi in unità spinale, ma al posto di essere una classica paziente come nel 2013 mi sono trasformata nella figura di motivatrice per tutti quei pazienti che invece vivevano per la prima volta una situazione dura come quella di trovarsi in un ospedale e doversi abituare alla disabilità.

Volevo raccontare a tutti che il periodo di ricovero è passeggero e una volta a casa è ancora possibile provare emozioni forti. Per questo ho mostrato ad una trentina di persone i video di quando scio e di quando mi butto con il paracadute, per far capire loro che i momenti felici sarebbero tornati, anche se in maniera diversa. Quei mesi mi sono serviti ad entrare nel cuore di persone che adesso posso considerare amici. E tutt’ora mi chiamano per sapere come sto o avere consigli.

Ma una volta dimessa ho iniziato a pensare più a me stessa . Non potevo sempre pensare agli altri.

Così per il mio bene presi la decisione di chiudere i rapporti con chi non era positivo per me, mentre riaccolsi una persona che per anni ho pensato di non poter più avere nella mia vita ristabilendo un rapporto di amicizia.

A rendere l’atmosfera più tranquilla quest’anno in famiglia si è aggiunta una persona che sta rendendo tutto più positivo.

Ed è entrato in casa un nuovo cane. Obelix.

Nonostante queste note positive sentivo di avere ancora troppi pensieri. Non riuscivo a concentrarmi a pieno nello studio.

Avevo bisogno di una pausa. Volevo respirare aria nuova. E decisi di respirare per una settimana l’aria del Salento.

Avevo progettato un viaggio in Puglia già nel 2012 ed ero emozionantissima di andare per il mio compleanno con mia madre e la mia migliore amica in un luogo che avevo sognato di visitare tanti anni fa.. e così portai a termine questo sogno.

La settimana in Salento me la sono goduta alla grande. Scottando la pelle e riempiendo lo stomaco.

Ancora più emozionante è stato il viaggio in Indonesia. Quello si era un sogno inimmaginabile.

Le settimane più belle e tranquille degli ultimi 2 anni.

Dove riuscii veramente a non avere pensieri o timori. Fu tutto perfetto. Ogni ora la ricorderò sempre.

L’isola di Bali mi è entrata nel cuore e mi sono promessa che in futuro tornerò perché 15 giorni sono stati pochi per visitarla interamente.

Il viaggio di andata è durato 30 ore. Niente in confronto alle 2 ore che mi avevano dato 10 mesi prima.

Mi sorprende sempre vedere come possono cambiare le cose da un momento all’altro.

Sono così grata di aver compiuto questo viaggio. Anche se non so bene a chi spetta questa gratitudine.

Quel viaggio è stato il primo a colpirmi così tanto. Non ho nemmeno bisogno di guardare le foto del viaggio per ricordare i magnifici tramonti nelle città dei surfisti, gli abbracci delle scimmie o i sorrisi delle persone. Quel paese mi ha colpito in pieno petto.. forse perché non avrei dovuto esserci?!

Ma dato che c’ero ho deciso di aggiungere uno sport alla lista delle cose che non avevo mai fatto. Fare snorkeling.

Dopo l’incidente ero stata in mare con amici solo dentro la mia ciambella galleggiante. Ma mia mamma e la mia amica volevano a tutti i costi vedermi nuotare con loro. In quei giorni ero talmente positiva che non potevo rinunciare all’occasione di buttarmi nelle acque del Mare di Bali così vicine all’Australia. Non ho detto una parola nemmeno quando una corrente gelida ha lanciato un branco di meduse su di me. Non voglio fare il fenomeno, ammetto di essermi spaventata quando ho visto il pescespada a 2 metri da me. Fortunatamente sia lui che due mante hanno deciso di evitarmi.

Ancora adesso ripensando alla vacanza penso anche al resto che di meraviglioso è avvenuto questo anno.

La colonna sonora che ho in testa è Something just like this dei Coldplay che ho avuto il piacere di sentire dal vivo al concerto di luglio.

Gli altri ricordi che si montano su questa canzone sono:

Aver fatto per la prima volta la testimone di nozze per un’amica importantissima a cui devo molto,

tenere in braccio la figlia neonata di una delle mie migliori amiche.

Vedere mio fratello cresciuto e più responsabile.

Tutto questo è ciò che mi è accaduto in un anno che avrebbe potuto rimanere solamente uno dei tanti viaggi mentali che mi sono fatta durante il coma.

Basta dunque saper aspettare. E se nulla viene da sè a quel punto spetta te pensarci.

Priscilla Chairleader

La Ragazza della meningite 

Meningite. Quanta paura ha creato questa parola nei mesi scorsi. Ogni giorno i media davano notizie di nuove persone infette dai diversi ceppi di questa malattia  che può diventare fatale. Si è addirittura giunti a parlare di una grave epidemia. La realtà è un’altra. I dati scientifici  ci rassicurano, infatti la diffusione di questa malattia invasiva è sovrapponibile a quella dell’anno precedente (http://www.epicentro.iss.it/problemi/meningiti/EpidItalia.asp). Ho iniziato ad informarmi di questa malattia nel periodo di natale, dopo esser sopravvisuta ad una meningite batterica da pneumococco.

Di non essere una ragazza molto fortunata L’ho sempre saputo ma dopo esser finita sulla sedia a rotelle a causa di un incidente stradale ero convinta che il mio corpo non avrebbe più subito disavventure. Invece, Mai dire Mai.

Così, il 25 novembre 2016 dopo molti giorni di spossatezza e dolore alla testa mi svegliai con il collo completamente bloccato. Non ero in grado di voltare lo sguardo a destra o sinistra e sentivo il cranio sempre più compresso. Mia madre dovette chiedere a mio fratello di aiutarla a vestirmi perchè io ero completamente bloccata e non riuscivo a sollevare le braccia per mettere la maglietta. Andammo in pronto soccorso all’ospedale di Niguarda. Spiegai quali fossero i miei sintomi, ma mi segnalarono come codice verde, dunque avrei dovuto aspettare molte ore prima di esser visitata. Per fortuna mentre prendevano i miei dati iniziai a vomitare, così mi fecero entrare immediatamente. Non riuscivo a sdraiarmi nel letto nemmeno con lo schienale alzato. Arrivò il momento della tac cervicale e all’encefalo ma non riuscii  a sdraiarmi e dovettero farmi 2 punture di morfina per farmi rilassare e potermi rendere meno rigida. 

Da quel momento non ricordo più nulla. Tutto ciò che so me lo raccontò mia madre una volta terminati i giorni di terrore. 

La tac risultò negativa ma gli esami del sangue evidenziaronouna presenza di globuli bianchi altissima rispetto alla media e gli esami delle urine terribili. Diagnosticarono un’infezione alle vie urinarie e mi spostarono nel reparto  di Medicina d’Urgenza per poter iniziare un’antibiotico per via endovenosa che sarebbe dovuto durare per due giorni.

Sarebbe, perché quella stessa sera dopo che diedero il permesso a mia madre di andare a casa e di tornare la mattina seguente la richiamarono dopo una quarantina di minuti dicendole che il mio assopimento non poteva esser correlato alla morfina e avevo bisogno di una rachicentesi poiché sospettavano un’infezione cerebrale. Quando mia madre tornò non la riconobbi. Iniziò per lei una notte terribile. Non tanto per me perché non ricordo nulla. Iniziai ad avere forti convulsioni, sbattevo le braccia a destra e sinistra, facevo scattare velocemente la testa da una parte e dall’altra, facendo versi strani con la bocca. Non rispondevo più a nessuna domanda.e alle 2 del mattino la febbre aumentò fino a 41º. Arrivò il referto della rachicentesi che confermò la meningite.  il mattino arrivò e la mia saturazione scese al 74%, così mi inserirono le sondine per l’ossigeno.

Più passavano le ore e più la mia situazione peggiorava fino a constatare una polmonite. Mi riempii di catarro e nel pomeriggio decisero di intubarmi e di trasferirmi alla Multimedica di sesto San Giovanni poiché la rianimazione di Niguarda non aveva posti liberi. Mentre mi spostarono per l’intubazione il medico disse a mia madre ciò che un genitore non vorrebbe mai sentirsi dire: “Signora potrebbero rimanere solo due ore a sua figlia. In quelle due ore mi trasferirono in Multimedica e una volta arrivata andai in coma. Sembrava che non ci fosse nulla da fare e il coma durò 10 giorni. Mi svegliai il 7 dicembre ma dovetti comunque rimanere sedata e contemporaneamente continuare gli antibiotici per eliminare del tutto l’infezione cerebrale. Quando mi svegliai il medico mi fece delle semplici domande. Se avevo dolore, se sentivo le gambe,poi mi chiese se la lettera C fosse la prima, la seconda o la terza dell’alfabeto. Risposi: “Cos’è l’alfabeto?”.

I rischi dovuti ad una meningite sono molti, tra cui sordità e perdita di memoria. Ciò di cui era più preoccupato il medico era che potessi non ricordare di essere in carrozzina a causa di un incidente. Per questa situazione non servirono domande perché fui io un giorno a chiedere di poter esser messa in carrozzina per poter “andare in sala a guardare XFactor”, d’altronde ero talmente sedata che non riuscivo a capire nè di essere in ospedale nè di essere intubata. ma adesso non è il caso di raccontare tutto ciò che  ricordo di poco sensato del coma e di quando mi svegliai. Preferisco raccontare il periodo di recupero.

Il  medico in Multimedica vedendo la mia fatica nel respirare autonomamente era in dubbio se procedere con una tracheotomia o meno. Sapeva che a Niguarda avrei avuto più possibilità di evitarla.

Così il 13 dicembre mi spostarono nuovamente a Niguarda nel reparto di Neurorianimazione. Mi estubarono, feci due sacchi di trasfusione e saltai il rischio della seconda tracheotomia in 4 anni. Due giorni dopo tornai nel reparto di Unità spinale dopo 3 anni dalla mia dimissione.

Potevo stare tranquilla, ero nella mia seconda casa. Conoscevo tutti e potevo fidarmi di ogni figura che lavorava all’interno del reparto. Iniziai ad essere più cosciente e mia madre mi raccontò tutto ciò che era successo nelle settimane precedenti. Ero tranquilla ma mi misi a piangere, Non potevo credere di aver rischiato così tanto un’altra volta. Quando entrai in coma mia madre era convinta che non mi avrebbe più riportato a casa. Novembre era il periodo in cui la radio trasmetteva continuamente la canzone “Assenzio” di J-Ax e Fedez che ad un certo punto dice:

 “E allora ho chiesto scusa al cielo per la mia vita intera Mentre l’infermiera le infilava i tubi nelle braccia. Ho pregato Dio: Prenditi i soldi, la mia moto e la carriera Ma non portarti via la mia ragazza.

Ero riuscita in un attimo a spaventarla come non mai, mi sono ripresa e grazie allo stordimento dovuto ai forti farmaci sono tornata a farla ridere come non fosse successo nulla.

Prima di Natale mi fecero scendere dal letto ma non mi misero sulla mia carrozzina, bensì su una bascula. Una carrozzina con uno schienale più inclinato. avendo passato quasi un mese a letto dovetti riabituarmi a tutto. Mi accorsi di essere debolissima:avevo perso  quel poco di muscolatura che mi ero creata con tanto impegno e fatica negli ultimi 3 anni, le braccia erano tornate esili e ricominciai la mobilizzazione a letto durante il mattino. Ciò che mi preoccupò di più fu che non controllavo correttamente la mano sinistra. Non riuscivo nè ad utilizzare il telefono nè a tenere la forchetta per poter mangiare e queste furono le prime cose che imparai a fare dopo l’incidente.

  Così mi ritrovai nel passato ma con esperienze difficili già vissute.

 E incontrando persone che stavano vivendo per la prima volta tutto questo ho capito che non potevo lasciarmi abbattere, nonostante avessi tutte  le ragioni per essere incazzata con il mondo, poiché sapevo che potevo star meglio e tornare ad una vita quasi perfetta, come quella di tutti, perché nessuno, pur essendo in salute, vede la sua vita perfetta.

Natale e Capodanno li passai lì, nel resort di Niguarda, con i parenti e gli amici di sempre. I medici pensavano di dimettermi il 9 gennaio ma si accorsero che era ancora troppo presto. Dovevo recuperare la forza e fare molti esami per essere certi che non ci fossero altri focolai dovuti alla meningite (https://www.pazienti.it/malattie/gliosi).

Durante due di questi esami (una tac e un elelettroencefalogramma) entrambe le figure lavorative dopo aver letto il mio nome sulla cartella mi dissero: “ah tu sei la Ragazza della meningite?!” Una era la Neurologa che decise di fare la rachicentesi, l’altro signore era uno degli infermieri che mi fece la prima tac dopo aver raggiunto il pronto soccorso. Trovai la situazione abbastanza buffa! C’è la ragazza con l’orecchino di perla, la ragazza di fuoco, e poi la Ragazza della meningite. Purtroppo ci sono state altre “ragazze della meningite” che non ce l’hanno fatta. Così io mi trovo a riflettere e a cercare di capire se sono una ragazza sfigata come penso, o se in realtà sono fortunata perchè mi sono ripresa anche questa volta.

La Ragazza della meningite durante il ricovero ha scoperto di aver avuto anche un cedimento di alcune vertebre cervicali che le causano un dolore molto forte e le è stato così vietato di continuare con lo sport di cui si era innamorata, rugby in carrozzina. Inoltre ha dovuto saltare la sessione invernale degli esami invernali. Ammette di essersi un po’ scoraggiata perché prima della meningite era in forma e con molte attività da seguire. Dopo un ricovero inaspettato durato 4 mesi si sente sicuramente più debole e chiusa in una campana di vetro non potendo fare ciò che prima impegnava le sue giornate.

Adesso la Ragazza della meningite è tornata a casa ma promette che cercherà nuove emozioni per tornare alla sua vita quasi perfetta che nonostante tutto era perfetta così.
Priscilla_Chairleader