Vi chiedo di spendere 2′ del vostro tempo per leggere una piccola riflessione che mi sono trovata a fare nei giorni scorsi. Per me è importante e potrebbe esserlo anche per voi.
Sono passati più di tre anni da quando la mia vita ha subito un cambiamento drastico. Chi mi conosce o chi mi segue sui social è convinto che abbia dentro di me una forza incredibile difficile da trovare in una ventenne, e crede che sia riuscita ad accettare nel miglior modo possibile questa difficile situazione. In realtà di fronte a me ho solo due possibilità: scegliere di reagire, o buttarmi in giù. Ovviamente in senso metaforico perché nelle mie condizioni sarebbe difficile!
Analizziamo la situazione. Se la mia mente non reagisse passerei il tempo a guardare serie TV su Netflix, chiamando continuamente mia madre per farmi passare acqua, merendine, telefono, telecomando e ci sarebbe un bel buco al centro del letto. Insomma, sarei l’avatar di Snorlax con sembianze umane, e a fine giornata non avrei dato nè ricevuto nulla.
Trovo che arrendersi sia troppo facile, e la resa non ha mai fatto parte del mio codice genetico, ma sono convinta che non appartenga a nessuno di noi poiché la sopravvivenza è un istinto naturale. Così la mattina appena sveglia mi stropiccio gli occhi, sbuffo un po’ e poi inizio la mia giornata. Di mese in mese le mie priorità cambiano, e devo ancora capire se perché sono indecisa o perché voglio fare troppe cose. Ad esempio, in questo momento la mia priorità è spaccarmi di fisioterapia per muovere il pollice sinistro. UN SOLO POLLICE. Per fare ciò ho dovuto mettere da parte gli studi per sottopormi ad un intervento che fortunatamente è riuscito!
Adesso questa è diventata la normalità per me. Ma la scorsa settimana, parlando con un ragazzo, mi sono resa conto che per il resto delle persone sarebbe una cosa impensabile. Giustamente. D’altronde nemmeno io avrei pensato ad una cosa del genere anni fa. <<Tu mi stai dicendo che sarai la ragazza più felice del mondo quando riuscirai a fare l’intervento per muovere il tricipite. Incredibile.>>, queste sono state le sue parole. Inizialmente non ho dato peso a quanto ha detto, perché per me questa è la quotidianità.
Ma purtroppo nei giorni scorsi la vita di alcune persone a cui tengo è stata travolta da eventi spiacevoli che hanno disturbato anche la mia quiete. E più che mai ho pensato che a quest’ora anche i miei cari avrebbero potuto piangere una figlia e un’amica. È questo il motivo della mia grinta: la paura di poter perdere tutto quello che mi circonda. Dal sorriso di mia madre, agli abbracci dei miei amici e persino l’odore di lumachina di Albarella del mio fratello peloso Roberto. Anche io vivo momenti di sconforto, la maggior parte di questi partono da vecchi ricordi. Poi prendo in mano il telefono e mi rendo conto che posso ancora comporre il numero dei miei amici che puntualmente risponderanno <<Che c’è sfigata?>> oppure <<Ciao Protetta!>> , e potrò continuare ad accumulare nuovi ricordi.
Perché vi sto raccontando tutto questo? Perché se da una parte ci sono tante persone che come me cercano di vivere al meglio nonostante alcuni piccoli limiti, ci sono troppe persone che sprecano il loro tempo, consumano ossigeno senza regalare emozioni. C’è chi lo fa lamentandosi, chi divertendosi nel modo sbagliato, chi pensando solo a sè stesso.
Principalmente mi riferisco alla prima categoria: i petulanti, quelli che sono stanchi della vita. Ci sono padri di famiglia o ragazzi giovani e pieni di vita a cui è stato strappato tutto in un battito di ciglia. Non sono andati a cercarsela, è successo e basta, senza alcuna possibilità di scelta. E questo mi fa tanta rabbia, perché qui ci sono persone che hanno dimenticato cosa significa vivere, e vorrei che mettessero da parte per una sola giornata i pensieri negativi per concentrare le loro forze in un piccolo obbiettivo che possa farli stare meglio.
Secondo me in questo modo, le persone che ogni giorno ci lasciano senza preavviso continueranno a vivere. E non ci sarà più motivo per i familiari o per gli amici di essere arrabbiati e di ripetere <<Perché proprio lui che aveva ancora tanto da offrire>> . Quanti di noi hanno ripetuto una frase simile perdendo qualcuno di importante? Conosco molte persone che si danno per vinti, ma non è possibile prendere uno per uno tutti quanti e trovare un modo per incoraggiarli e far capire loro che devono dare il massimo per sè stessi e per le persone che non ci sono più. Non ho idea di come si possa fare, però mi basta che tra voi lettori ci sia qualcuno che capisca ciò che intendo, e che se dovesse conoscere qualcuno che non riesce a reagire gli faccia un discorso simile al mio.
Basta veramente poco per poter uscire dal limbo della depressione. Basta una sola persona che ci sorrida. E ripetersi che niente è perduto, perché qualsiasi cosa è raggiungibile nonostante possano esserci tempi di attesa lunghi e nuovi ostacoli. Il mio ultimo tatuaggio recita “Esistono vite che capitano e vite da capitano“. Non c’è niente di più vero. Io ho deciso di prendere in mano il timone, nonostante le mie mani da tetraplegica mi impediscano una buona presa, e di superare qualsiasi tempesta. Non sono sola, ho una ciurma ricca di buoni amici e una mamma fantastica. Così quando rischierò di andare alla deriva avrò qualcuno che proverà a salvarmi. Nel frattempo spero di incontrare sempre più navi con persone decise a non fermarsi al primo porto. E spero continueranno a fare lo stesso anche quegli amici e parenti che hanno perso una persona che avrebbe regalato loro ancora tante emozioni ma che il destino ha voluto fermare. Dunque non fermatevi voi. In una sola parola : ALL’ARREMBAGGIO!
Dedicato a Massimo e Chiara ❤️
Priscilla_Chairleader